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Stress lavoro-correlato: come proteggere la tua salute mentale

Scopri l'impatto del lavoro emotivo e della positività tossica, e come difenderti dallo stress che minaccia il tuo benessere psicologico e fisico.
  • Oltre il 70% dei professionisti delle vendite ha problemi psicologici.
  • Il 15% della forza lavoro globale soffre di disturbi psichici.
  • Il 60,1% degli italiani convive con disturbi psicologici.

L’ambiente lavorativo contemporaneo, sebbene ricco di opportunità di sviluppo e affermazione, può nascondere pericoli per l’equilibrio psichico dei lavoratori. La pressione esercitata per uniformarsi a standard emotivi artefatti, lo stress persistente e la difficoltà nel conciliare vita privata e professionale sono tutti fattori che favoriscono l’insorgenza di disturbi sia mentali che fisici.

L’impatto del lavoro emotivo e della positività tossica

Uno studio apparso su Industrial Marketing Management ha messo in luce come il “lavoro emotivo”, ovvero l’obbligo di simulare sentimenti per aderire alle aspettative del ruolo, possa avere ripercussioni sfavorevoli sulla salute psichica dei lavoratori, in particolare nel settore delle vendite, dove i rifiuti sono frequenti e la pressione sui risultati è alta. *I ricercatori hanno distinto due modalità di simulazione: l’esibizione superficiale (surface acting), che consiste nel manifestare esteriormente emozioni non provate, e la simulazione profonda (deep acting), che implica lo sforzo di suscitare interiormente uno stato d’animo per apparire più autentici. Entrambi questi metodi, se praticati costantemente, possono generare esaurimento, malcontento e reazioni negative da parte della clientela.

Contemporaneamente, la “positività tossica” sul luogo di lavoro si manifesta come un ulteriore fattore di stress. Essa si verifica quando la spinta verso un atteggiamento positivo diventa eccessiva e inautentica, impedendo ai dipendenti di esprimere le proprie emozioni negative e di affrontare le problematiche in modo costruttivo. Tale fenomeno può minare la fiducia, ignorare i sentimenti dei lavoratori e, in ultima analisi, condurre al burnout.

Stress da lavoro e disturbi mentali: un quadro allarmante

I dati relativi alla salute mentale dei lavoratori destano preoccupazione. Un rapporto del ha rivelato che più del settanta percento dei professionisti delle vendite sperimenta problemi di benessere psicologico. A livello globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) calcola che il 15% della forza lavoro soffre di disturbi psichici. L’ansia è considerata la malattia del nostro tempo, con oltre 300 milioni di persone che ne soffrivano già prima della pandemia di COVID-19, un evento che ha ulteriormente peggiorato la situazione.

In Italia, un’indagine recente dal titolo “L’era del Disagio” ha evidenziato che il 60,1% degli italiani convive da anni con uno o più disturbi della sfera psicologica, con una maggiore incidenza tra le donne (65%) e i giovani della Generazione Z (75%). I problemi più ricorrenti sono i disturbi del sonno (32%), varie forme d’ansia (31,9%), stati di apatia (15%), attacchi di panico (12,3%), depressione (11,5%) e disturbi dell’alimentazione (8,2%).

Lo stress legato all’attività lavorativa è la seconda malattia professionale più diffusa nell’Unione Europea, colpendo un lavoratore su quattro. Un’indagine del 2023 ha rilevato che il 91% dei lavoratori di età compresa tra 18 e 24 anni dichiara di essere stressato, rispetto a una media generale dell’84%.

Strategie per la prevenzione e la gestione dello stress lavorativo

Di fronte a questo scenario, è fondamentale adottare strategie per la prevenzione e la gestione dello stress lavorativo. I ricercatori suggeriscono di allineare i valori personali alle aspettative lavorative e di non trascurare la propria salute mentale, ricorrendo, se necessario, a sedute di psicoterapia. La comunicazione aperta e la possibilità di condividere i problemi con capi e colleghi possono contribuire a ridurre il peso emotivo.

Le aziende possono svolgere un ruolo cruciale nella promozione del benessere dei propri dipendenti. Alisia Galli, psicologa clinica, suggerisce tre azioni concrete: single tasking, ovvero concentrarsi su un’attività per volta; mindfulness, una pratica che aiuta a sviluppare la consapevolezza del momento presente; e l’ascolto delle emozioni, considerate come “bussole” che indicano la strada da seguire.

Workaholism: quando la dedizione diventa dipendenza

Un’altra problematica emergente è il “workaholism”, la dipendenza dal lavoro, caratterizzata da lavoro compulsivo ed eccessivo. Uno studio coordinato dal professor Cristian Balducci ha dimostrato come questa condizione influenzi negativamente l’umore generale e gli stati emotivi delle persone che ne soffrono, sia al di fuori che all’interno del contesto lavorativo.

La ricerca ha inoltre evidenziato una differenza di genere: le donne sembrano subire maggiormente le conseguenze negative del workaholism rispetto agli uomini, a causa dei pregiudizi di genere che le spingono a investire più energie nella cura della famiglia che nel lavoro. Il workaholism può aumentare il rischio di burnout, ansia, depressione e malattie cardiovascolari.

Verso un nuovo equilibrio tra lavoro e benessere mentale

È essenziale che imprese, enti e impiegatori si impegnino fattivamente per evitare la dipendenza da lavoro (workaholism) e per mitigare le sue conseguenze più dannose, evitando di esporre i dipendenti a carichi di lavoro eccessivi e favorendo ambienti meno competitivi.* Misure che tutelino l’armonia tra professione e vita privata e che garantiscano il diritto alla disconnessione sono cruciali.

In definitiva, è necessario promuovere una mentalità collettiva e aziendale che riconosca il valore del recupero post-lavorativo e l’importanza della conciliazione tra lavoro e vita privata, per garantire un ambiente lavorativo sano e sostenibile per tutti.

Riscoprire il Valore del Benessere: Un Imperativo per il Futuro del Lavoro

In un mondo del lavoro sempre più frenetico e competitivo, è fondamentale riscoprire il valore del benessere mentale e fisico dei lavoratori. Le aziende devono assumersi la responsabilità di creare ambienti di lavoro sani, che promuovano la comunicazione aperta, il sostegno reciproco e il rispetto dei confini tra vita professionale e personale. Solo così sarà possibile contrastare i fenomeni del lavoro emotivo, della positività tossica e del workaholism, e garantire un futuro del lavoro più umano e sostenibile.
Amico mio, riflettiamo un attimo. La resilienza, in psicologia cognitiva, non è solo la capacità di “rimbalzare” dopo un evento traumatico, ma anche la capacità di adattarsi e crescere di fronte a sfide quotidiane. Nel contesto lavorativo, questo significa imparare a gestire lo stress, a riconoscere le proprie emozioni e a comunicarle in modo efficace. Una nozione avanzata è che la resilienza non è un tratto innato, ma una competenza che si può sviluppare attraverso la pratica e la consapevolezza. Chiediti: come puoi coltivare la tua resilienza per affrontare le sfide del lavoro senza compromettere il tuo benessere? Come puoi trasformare le difficoltà in opportunità di crescita personale e professionale?


Articolo e immagini generati dall’AI, senza interventi da parte dell’essere umano. Le immagini, create dall’AI, potrebbero avere poca o scarsa attinenza con il suo contenuto.(scopri di più)
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